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24 gennaio 2025

L’Antro della Sibilla, tra mito e leggenda

Scoperta dall’archeologo Amedeo Maiuri nel 1932, l’Antro della Sibilla è situata nel Parco Archeologico di Cuma, all’interno dei Campi Flegrei. La Grotta è formata da un lungo tunnel di pietra, a sezione trapezoidale, con 12 brevi sbocchi laterali che si aprono ai lati della collina e dei pozzi, che consentono alla luce di filtrare nel galleria creando un effetto speciale e misterioso di luci e ombre. 

Era qui che si consultava l’oracolo: la leggenda narra che la Sibilla fosse una delle più importanti Sacerdotesse, citata nell’Eneide di Virgilio per aver predetto ad Enea che dopo tante sfide e avventure da compiere, avrebbe trovato nuova fama e ad una nuova patria nel Lazio. Si narra inoltre che il dio Apollo si fosse invaghito di lei e per questo le avesse donato l’immortalità, seppur senza l’eterna giovinezza. Per questo, la Sibilla visse oltre 1000 anni finchè il suo corpo non fu talmente consumato e inconsistente da essere racchiuso in un’ampolla custodita proprio nel tempio di Apollo, dal quale continuò ad annunciare le sue profezie. 

Collegata all’Antro della Sibilla, una camera interna dove secondo la leggenda la Sibilla, in uno stato di trance, pronunciava i suoi responsi; in realtà, la camera fu scavata in epoca romana per facilitare il passaggio pedestre dei militari in arrivo nel Portus Julius e collegava tra loro lago d’Averno e lago Lucrino. Lungo il percorso, di circa 200 metri, dei graffiti sulle pareti. 

Oltre ad essere testimonianza di quello che un tempo fu, l’Antro della sibilla è un luogo magico, di incantevole bellezza, avvolto in un aurea di sogno e realtà, e conserva ancora oggi la suggestività del mito.

17 gennaio 2025

In giro tra le bellezze di Napoli: la Certosa di San Martino

Un vero e proprio gioiello dell’architettura barocca, estremamente panoramica data la sua posizione collinare, che sovrasta la città:  la Certosa di San Martino fu commissionata, per volere di Carlo d’Angiò,  all’architetto e scultore senese Tino da Camaino, nel 1325. Nei secoli, il celebre complesso monastico fondato dell’Ordine fondato a Chartreuse (Cartusia) ha subito costanti rinnovamenti, in particolare l’ampliamento del 1581, per mano dell’architetto Giovanni Antonio Dosio, che ne trasformò le vesti, da un severo aspetto gotico al prezioso e raffinato barocco. L’attuale personalità della struttura viene delineata dall’impronta di Cosimo Fanzago, che collabora al cantiere di restauro dal 1623 al 1656. Nonostante i danni subiti durante la rivoluzione del 1799, resta un fiore all’occhiello del panorama artistico napoletano. 

Un percorso articolato su due livelli: al primo livello, è possibile ammirare il Presepe Cuciniello, il più famoso e importante di Napoli, che consta di 800 pezzi, e la Carrozza degli eletti. Al secondo livello, la Galleria dell’800 ospita 950 dipinti di artisti tra i quali Domenico Morelli e Giacinto Gigante. Inoltre, dal Chiostro dei Procuratori è possibile l’accesso alle sale del Museo e ai giardini; il Chiostro Grande, dotato di una maestosa balaustra barocca ornata con teschi in marmo, simbolo della precarietà della vita terrena.  

Addentrandosi nei Sotterranei Gotici, ci si appresta a vivere un viaggio in una Napoli scomparsa, fatta di epigrafi, lapidi e sculture che coprono un arco cronologico che va dal Medioevo al Settecento. I suggestivi ambienti sotterranei erano le antiche fondamenta trecentesche della Certosa, dove si susseguono pilastri e volte ogivali che sostengono l’intera struttura; nei corridoi e negli slarghi sono esposte le opere in marmo della Sezione di sculture ed epigrafi. La raccolta di opere si è formata tra fine Ottocento e inizio Novecento grazie ad acquisti, lasciti, donazioni, cessioni e depositi. Sono 150 le opere in marmo esposte nei sotterranei, seguendo un preciso ordine cronologico (dal medioevo al XVIII secolo), nel rispetto dei contesti di provenienza. 

 

10 gennaio 2025

Gli scavi sotterranei di Napoli Sotterrata, patrimonio dal valore inestimabile

Non si finisce mai davvero di imparare davanti ad una città come Napoli, che fa di ogni cosa – dai monumenti in vista agli scavi sotterranei – una preziosa occasione di approfondimento. Oggi vogliamo parlarvi proprio degli scavi sotterranei della città, le quali – pur essendo parte integrante e fondamentale del patrimonio culturale cittadino – restano sconosciute ai molti turisti che giungono in Campania.

 

L’importanza degli scavi archeologici a Napoli

Perché parlare e approfondire la conoscenza degli scavi sotterranei di Napoli è così importante? Probabilmente non esiste una risposta unica a questo tipo di domanda. Il sito di Napoli Sotterrata infatti offre più ragioni di quelle che riusciremmo a contare in un solo giorno per farle visita: addentrarsi tra le stradine della Neapolis antica, che sorge a metri di profondità dal centro storico, può essere visto come un modo interessante di conoscere i segreti della città (di cui si parla troppo spesso e mai adeguatamente) o anche un’occasione per divertirsi nelle vesti di turista restando in patria. Ma cosa nascondono gli scavi sotterranei che giacciono sotto la Basilica di San Lorenzo Maggiore?

 

Le cavità sotterranee di Napoli 

Una visita guidata al sito di Napoli Sotterrata è la giusta opportunità per fare un viaggio a ritroso nel tempo e conoscere quella che in antichità era la città, oggi conosciuta come moderna e caotica. Gli scavi sotterranei – che ci è permesso di vedere e attraversare come esperienza di svago turistico o approfondimento culturale – sono una creazione della civiltà greca, a cui va il merito di aver saputo sfruttare magistralmente le possibilità offerte dal sottosuolo e dalla presenza di tufo. 

 

L’origine e la funzione 

Tutte le grotte ricavate dal tutto ebbero nel tempo una funzione precisa, che tuttavia di epoca in epoca fu disposta a mutare. Se in origine gli scavi sotterranei vennero ideati per accogliere ipogei funerari, più in là con gli anni esse servirono alla costruzione di templi religiosi o – come in epoca augustea – alla realizzazione di importanti gallerie. 

 

Gli scavi oggi 

Gli scavi sotterranei di Napoli Sotterrata sono oggi una preziosa testimonianza dal passato, oltre che una grande attrattiva turistica per la città. Attraversandole si può fare visita al foro romano, al mercato e alle tabernae (nove botteghe dedite un tempo agli scambi commerciali cittadini). Tante altre però sono le cose da poter ammirare una volta all’interno del sito, che nasconde un universo dimenticato e preziosissimo.

 

06 gennaio 2025

Epifania, significato storico e religioso

L'Epifania è, nella liturgia Cristiana, la festa in cui Dio, nel Bambino Gesù, si manifesta ai popoli. I doni dei Magi svelano richiami altamenti simbolici: il dono della mirra allude alla Passione, l'oro alla regalità, l'incenso alla divinità di Cristo. In Italia è una festa molto popolare e sentita, che tra l’altro dà luogo a diverse manifestazioni e tradizioni, dai pranzi e i doni offerti per i più poveri a quella, squisitamente religiosa, del bacio del Bambinello nei presepi viventi allestiti per Natale, e del corteo dei Magi.

Il Vangelo di Matteo narra l'episodio della visita dei Magi a Gesù Bambino, che, provenienti da Oriente, giungono a Gerusalemme chiedendo “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”. I Magi simboleggiano gli stranieri e i pagani che riconoscono la venuta del vero Dio. Originariamente, si pensa comunque che i personaggi non sono tre e non sono Re. La provenienza da Oriente fa pensare alla Persia: il termine «magio» indica una tribù originaria dell'Iran occidentale, dove venivano scelti i sacerdoti che aderirono alla riforma di Zoroastro.

La Chiesa li considera da sempre il simbolo dell'uomo alla ricerca di Dio Papa Benedetto VVI, nella sua omelia dell’Epifania del 2011, affermò che «Essi erano probabilmente dei sapienti che scrutavano il cielo, ma non per cercare di “leggere” negli astri il futuro, eventualmente per ricavarne un guadagno; erano piuttosto uomini “in ricerca” di qualcosa di più, in ricerca della vera luce, che sia in grado di indicare la strada da percorrere nella vita. Erano persone certe che nella creazione esiste quella che potremmo definire la “firma” di Dio, una firma che l’uomo può e deve tentare di scoprire e decifrare».

 

20 dicembre 2024

Simbolismo del presepe napoletano

Il presepio napoletano è altamente simbolico. Ogni particolare del paesaggio ha un significato ben preciso, l’antico mito si plasma in archetipo. A partire dal pastore Benino, il pastore dormiente, che raccontando il suo sogno racconta il mito. 

Tutto intorno, sono presenti paesaggi pascoli e monti, che rappresentano il mondo pastorale, e nella parte opposta viene rappresentata la città, con il chiasso della quotidianità, le osterie e i personaggi del contesto urbano. 

Al centro troviamo la Natività, il vero e proprio spartiacque della storia. 

 

Tanti altri i simboli presenti, considerati di transito: il ponte che scavalca un ruscello, che da sempre rappresenta il passaggio, uno dei significati più sacri dell’antichità - anche il termine pontifex, il pontefice, significa “costruttore di ponti”. L’acqua ha mille significati: vita, morte, rinascita.  Tuttavia, nel presepe,  l’acqua allude al Battesimo, per questo è un elemento la cui presenza è fondamentale, anche se rappresentata con piccoli frammenti di specchio per un laghetto o un ruscello con la carta stagnola.

 

Tra i vari personaggi, quasi in tutti i presepi è presente la lavandaia, posta vicino al pozzo, che rappresentano l’acqua di morte, rinascita e purificazione. Un’altra figura femminile è Stefania, figura molto popolare: una fanciulla non sposata, motivo che precludeva l’avvicinarsi al nascituro per adorazione, per questo  avvolse una pietra in fasce come fosse un figlio, per ingannare gli angeli. Al cospetto della culla, la pietra starnutì e si trasformò in un bambino, che fu chiamato Stefano - da lì la festa del 26 dicembre. 

La figura della zingara riporta alle radici origini greche della Campania: richiama la Sibilla, che aveva profetizzato l’avvento del Signore. La zingara ha con sé un cesto colmo pieno di attrezzi in ferro, premonizione dei chiodi della crocifissione. 

Altre figure presenti ricordano divinità pagane, tra cui Cicciobacco, figura rubiconda e tozza con il suo fiasco di vino, posta nei pressi dell’osteria, che ricorderebbe il dio Bacco.

Infine, i Magi rientrano tra le figure più importanti del presepe. Sono tre, numero altamente simbolico nella Scrittura, come i loro doni, ma anche nelle iconografie più antiche sono talvolta rappresentati in numero variabile. Sono vestiti con abiti sontuosi e vengono accompagnati da un corteo di nobili Georgiani. Il numero tre – altamente simbolico nella Scrittura – può inoltre rappresentarne la provenienza, essendo al tempo tre i continenti conosciuti. Il magio di colore richiamerebbe le popolazioni africane. In merito al simbolismo legato ai doni, oro, incenso e mirra, rappresentano, in particolare, la regalità di Cristo (oro), la divinità (incenso) e la morte di Gesù (mirra).

Nella tradizione del presepe napoletano è presente un quarto Magio, che indossa un copricapo decorato da grandi piume: si tratterebbe della “Re Magia” o della “Giorgiana”, una bella ed elegantissima sovrana.

 

13 dicembre 2024

Santa Lucia, la Santa della luce

Il 13 dicembre si festeggia Santa Lucia, martire siciliana alla quale è legato il solstizio d’inverno. In effetti, prima del calendario gregoriano (1582), la festività ricadeva in prossimità del solstizio d'inverno, ma con l’adozione del nuovo calendario venne poi spostato di qualche giorno. Tuttavia, il solstizio d’inverno viene considerato un momento di passaggio verso la primavera e la luce, così come Santa Lucia è considerata la Santa della Luce, legata alla vittoria della luce sulle tenebre per il significato e l’origine del suo nome.

Santa Lucia è una martire cristiana morta in Sicilia nel tempo delle persecuzioni di Diocleziano: la Santa, promessa sposa ad un pagano, a seguito di un’apparizione divina, decise di affidare la sua anima a Dio e donare i suoi averi ai poveri. Tale decisione non fu ben voluta dal suo sposo, che la denunciò come cristiana, al tempo delle persecuzioni di Diocleziano. La leggenda narra che prima di morire si sia cavata gli occhi: da qui il suo potere di proteggere la vista, ricordato anche da Dante nella Divina Commedia.

La storia di Santa Lucia presenta molte affinità con la dea Demetra, dea dell’agricoltura e promotrice delle stagioni, invocata nell’antichità in Sicilia per riportare l’abbondanza dei raccolti con l’avvio dell’inverno. A riportare tale tradizione all’agricoltura è la leggenda secondo cui la notte del 13 dicembre la Santa vola sui campi con una corona di luce, al fine di riportare fertilità. Simbolo dell’abbondanza e della fertilità è, dunque, l’usanza dei doni ai bambini: Lucia li porta durante la notte, di casa in casa, accompagnata da un asinello. Tale tradizione è diffusa in molte città del nord Italia e all’estero.  

La storia, inoltre, narra che nella notte tra il 12 e il 13 dicembre, grazie a una candela accesa tutta la notte, la Santa ritorna a vedere: la candela rappresenta la vittoria della Luce sul Buio, e anche del Bene contro il Male. Inoltre, i doni che Santa Lucia porta ai bambini sono simbolo di fertilità, ma per tradizione i bambini devono meritarli: per questo una settimana prima scrivono una letterina per spiegare perché sono stati bravi, per poi accoglierla nella notte con uno spuntino di latte biscotti (e fieno per il suo asinello), ma è soprattutto importante andare a letto presto, per non farsi trovare con gli occhi aperti. 

Per assicurarsi la luce tutto l’anno, il giorno di Santa Lucia bisogna approfittare della benedizione degli occhi organizzate in molte chiese che ricordano la tradizione. Il rito di benedizione più longevo è svolto a Verona: un’usanza nata nel XIII secolo, quando la popolazione, colpita da un’epidemia di “male agli occhi”, portò i bambini in pellegrinaggio nella chiesa di Santa Agnese e affinchè i bambini potessero resistere al freddo, i genitori promisero loro che la santa avrebbe lasciato dei doni.