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07 marzo 2025

Santa Pasqua, una data variabile da ricercare in cielo

La Santa Pasqua viene da sempre considerata una festa mobile, vale a dire festeggiata ogni anno in un giorno diverso da quello dell’anno precedente. Tuttavia, non tutti ne conoscono le ragioni. Piccole curiosità che la Storia dell’antica Roma, nel tempo dell’imperatore Costantino, può spiegarci. 

 

La scelta della data della Santa Pasqua è variabile di anno in anno: le ragioni vanno ricercate in cielo. Durante il Concilio di Nicea, il primo concilio ecumenico cristiano tenutosi a Nicea, in Bitinia, convocato, nel 325 d.C., e presieduto dall’imperatore Costantino, fu definita la metodologia per la scelta della data della Pasqua cristiana. La regola è apparentemente semplice: il primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera. Dunque, la Pasqua si festeggia la prima domenica dopo la prima Luna piena di primavera, che nel 2025 è prevista il 13 aprile. 

Sembra una regola molto semplice, ma in realtà la sua applicazione consta di un grande numero di eccezioni e casi particolari.

 

Tuttavia, l’equinozio astronomico, il momento in cui ufficialmente inizia la primavera, è variabile, poiché dipende dal momento in cui il Sole passa nel punto di intersezione tra l’equatore celeste e l’eclittica, momento che può avvenire tra il 19 e il 21 marzo, variando di anno in  anno. Per questo, il calcolo viene effettuato ponendo convenzionalmente l’equinozio al 21 marzo e considerando il moto della “Luna del computo”: per il computo, la Luna, dopo essersi avvicinata più possibile al Sole nel cielo, diviene nuova a 30 ore dalla congiunzione con il Sole, tempo convenzionale che la rende nuovamente visibile a occhio nudo. La Luna piena del computo è 13 giorni dopo la Luna nuova. 

 

Per questo, nel 2025, la prima domenica dopo il plenilunio del 13 aprile (che cade proprio di domenica) sancisce il giorno della Santa Pasqua, il 20 aprile 2025.

 

28 febbraio 2025

Origine e sacralità del Carnevale

La parola deriva dal latino carnem levare ("eliminare la carne"), forse con l’influenza anche del termine vale, quasi a voler dire "carne, addio", per indicare il banchetto che si teneva l'ultimo giorno di Carnevale, prima del Mercoledì delle ceneri, che segna l’inizio della Quaresima e quindi del digiuno. Le origini del Carnevale sono riscontrabili nel mondo greco ed egiziano: un riferimento ai riti dionisiaci, giunti nel II secolo a.C. fino a Roma, che festeggia in maschera la dea Iside, come ricordato anche da Lucio Apuleio nel suo Metamorfosi. Tra Carnevale e Cattolicesimo il processo di accettazione reciproca non fu breve né facile. Nel 1468 papa Paolo II , facente parte di una nobile famiglia veneziana, volle indire la solennemente il Carnevale nella città di Roma, ponendo così fine a secoli di contrarietà. 

Il Carnevale per la Chiesa

Nel corso dei secoli, la Chiesa ha dato una nuova - e più sacra - interpretazione. La tradizione vuole che nei Paesi cattolici il carnevale abbia inizio con la Domenica di settuagesima, ovvero la prima delle nove che precedono la Settimana Santa secondo il calendario gregoriano. Circa due settimane di festeggiamenti, che si concludevano con il martedì che precede il mercoledì delle ceneri. 

 

Un tempo, in questo periodo venivano celebrate le Quarantore, una pratica volta a rimediare ai peccati commessi durante i festeggiamenti, consistente in una preghiera di adorazione davanti all'Ostia consacrata, che veniva esposta nelle chiese per due giorni consecutivi.

Il rito ambrosiano

Nelle diocesi che seguono il rito ambrosiano, la tradizione fa concludere il carnevale con la prima Domenica di Quaresima, quindi 4 giorni in più rispetto al rito romano. Tale tradizione è connessa ad una leggenda che vede il vescovo Ambrogio, impegnato in un pellegrinaggio, annunciare il proprio ritorno in città per carnevale così da celebrare i primi riti della Quaresima con il suo popolo. I milanesi lo aspettarono posticipando il rito dell'imposizione delle Ceneri e dunque prolungando il carnevale fino al suo arrivo. In realtà, inizialmente, la Quaresima iniziava ovunque di domenica. I giorni che vanno dal Mercoledì delle Ceneri alla domenica furono introdotti nel rito romano per portare a quaranta i giorni di digiuno e penitenza effettivi, fatta esclusione per le domeniche che da sempre non vengono considerate quali giorni di digiuno. 

Il carnevale oggi

Oggi il carnevale è una festa molto attesa da grandi e piccini. Nel corso dei secoli si sono perse, tuttavia, le caratteristiche sacre dei festeggiamenti. Permangono le maschere, i carri allegorici e il senso stesso della festa. Tra i carnevali più famosi in Italia, si ricordano il carnevale di Venezia, Putignano, Viareggio, Manfredonia, Acireale, considerati tra i più importanti. Sono moltissimi i turisti che si accorrono in queste città per partecipare alle festività, ammirare i maestosi carri allegorici, e gustare i piatti tipici del periodo, come lasagna, chiacchiere, frittelle e castagnole. 

21 febbraio 2025

Le 7 virtù di Napoli Sotterrata e la visita alla Sala Sisto V

Le 7 virtù di Napoli Sotterrata costituiscono, senza ombra di dubbio, uno dei maggiori punti d’interesse del sito culturale. Superato il chiosco e varcata la soglia della Sala Sisto, si accede a questo meraviglioso vestibolo: un luogo dalla bellezza superba, all’interno del quale arte, storia e cultura convergono armoniosamente. Ma quali sono le 7 virtù che danno il nome alla Sala?

 

Napoli Sotterrata e le Sala delle Virtù

Napoli Sotterrata è un insediamento greco-romano di carattere archeologico. Fare visita agli scavi, che giacciono proprio sotto la Basilica di San Lorenzo Maggiore, vuol dire tuttavia percorrere un segmento molto ampio della storia napoletana, che include al suo interno più epoche e correnti artistiche differenti. Con la visita alla Sala Sisto V – conosciuta anche come la Sala delle 7 virtù – si arriva al periodo cinquecentesco, dal quale l’area monumentale eredita i magnifici affreschi di Luigi Rodriguez. Percorrendo il vestibolo ed entrando all’interno della sala si possono notare le imponenti arcate, rivestite da pitture ornamentali di grandissimo impatto visivo.

 

Le sette Virtù Reali

Ciascuna delle volte che si elevano sul sotto si fa rappresentante di una diversa virtù, celebrata attraverso uno scompartimento preciso e delle magnifiche raffigurazioni allegoriche. Le virtù ritratte nei affreschi – che costituiscono il vero gioiello dell’insediamento – sono la Clemenza, la Provvidenza, la Gravità, la Magnificenza, la Dignità Regia, la Magnanimità e l’Affabilità. Al di sotto delle pitture ornamentali che affrescano i semicerchi architettonici, troviamo delle zone lasciate in bianco a fare da contrasto. Un tempo, in questa zona della parete, sorgevano stoffe e arazzi. Gli affreschi delle 7 virtù furono realizzati da Luigi Rodriguez per volere del viceré Ferdinando Ruiz di Castro ed Andrada.

 

14 febbraio 2025

Alla scoperta del museo dell’Opera di San Lorenzo Maggiore

Il Complesso di San Lorenzo Maggiore ospita al suo interno anche il Museo dell’Opera di San Lorenzo Maggiore. Esso è direttamente collegato agli scavi archeologici ed è allestito negli ambienti cinquecenteschi nei pressi della Torre Civica della struttura, posta di fianco alla Basilica. Nei quattro piani del Museo è presentato un vero e proprio spaccato di Napoli, della sua cultura e del suo passato. In esso sono infatti esposti reperti medievali e non solo, rinvenuti nella Neapolis Sotterrata. Le opere sono presentate in ordine cronologico ascendente, nei vari livelli dell’edificio, passando quindi dai ritrovamenti di epoca greca a quella romana, suddivisa nello specifico in imperiale e repubblicana. Proseguendo la visita, ci si imbatte poi in testimonianze paleocristiane e bizantine, dell’Alto Medioevo e delle culture normanne, sino all’epoca Angioina, per giungere sul nire alle sale che ospitano i pastori della prestigiosa collezione del convento risalente al periodo sette-ottocentesco. Muovendosi da un’ala all’altra del Museo, si riesce quindi a risalire e a rivivere determinati periodi storici che la città di Napoli ha attraversato nel corso del tempo, e a capire anche come essi si siano fusi tra loro e con la società, dando vita a particolari sfaccettature della cultura partenopea. Inoltre, il Museo dell’Opera di San Lorenzo Maggiore presenta una peculiarità: tutti i reperti sono presentati ricomponendo sicamente gli spazi in cui originariamente erano collocati e ricercando anche le stesse condizioni di luce, di vista prospettica e le finalità per cui erano stati prodotti. Questo particolare evidenza, innanzitutto, quanto la struttura sia intrinsecamente legata al territorio e, anche quanto sia profondo il legame con il mondo religioso. Per quanto riguarda il primo aspetto, ovviamente si fa riferimento alla promozione culturale che esso rappresenta, in quanto il Museo è portavoce e testimonianza vivibile di ciò che era la città antica. In merito invece al rapporto con la religione, la struttura testimonia la presenza della basilica paleocristiana del VI secolo, su cui le generazioni successive hanno poi dato origine a spazi di culto. Era infatti in un periodo in cui la fede Cristiana si circondava di artisti che realizzavano per essa affreschi, mosaici e sculture di immensa bellezza e valore. In questo scenario, emergeva poi con forza la spiritualità Francescana.

Il Museo ore pertanto una visione completa della storia di Napoli ed abbraccia un arco temporale lungo circa 25 secoli, che rappresenta una fonte di studio e di conoscenza pressoché indescrivibile.

 

07 febbraio 2025

Gli scavi di Oplontis e la Villa di Poppea, tesori di Pompei

Dirigendosi poco fuori la città di Napoli, non si può non visitare Oplontis, sito archeologico solitamente poco citato, ma di straordinaria bellezza. 

Oplontis era il suburbium della città di Pompei, da cui dipendeva amministrativamente, seppellita a seguito della drammatica eruzione del 79 d.C. 

Durante l’era borbonica sono stati ritrovati nell’area di Torre Annunziata resti di edifici antichi che testimoniano l’esistenza di un’area periferica suburbana ricca di ville ed edifici pubblici.

I maggiori ritrovamenti dell’area sono rappresentati dalla Villa di Poppea, lussuosa struttura residenziale, e la Villa di Lucius Crassius Tertius, un horreum, cioè un edificio adibito ad attività commerciali e produttive, provvisto di un’area abitativo al piano superiore, entrambe affacciate sul mare. Inoltre, il ritrovamento dello stabilimento termale di Punta Oncino conferma il carattere urbano di Oplontis.

 

La Villa di Poppea 

La Villa di Poppea fu costruita su una scogliera a strapiombo sul mare, alla quale era possibile l’accesso tramite percorsi pedonali coperti, porticati e terrazze con belvedere e giardini situati su diversi livelli. Era un esempio di “Villa d’otium”, la villa urbana, tra le tante che costellavano il golfo di Napoli. La sua importanza è riconducibile alla decorazione pittorica e alla divisione degli spazi basata su assi prospettici, simmetrie e sfondi di giardini ornati di statue e fontane.

La parte più antica dell’edificio, risalente al I secolo a.C., è organizzata intorno all’atrio tuscanico affrescato, affacciato a sud direttamente sul mare, e il giardino, a nord rispetto all’atrio, è organizzato in ambienti per il riposo, il pranzo e il soggiorno, sontuosamente decorati, le cui finestre, aperte sul giardino antistante il mare, erano chiuse da ante in legno. Presente inoltre un complesso termale privato in villa, riscaldato dalla cucina affacciata su un piccolo cortile con al centro una fontana.

Successivamente, gli ambienti termali vennero adibiti a spazi destinati al soggiorno; la cucina in muratura e l’ammezzato per la servitù, mantenne la funzione originaria. 

Nel lato est dell’atrio, intorno al peristilio (il cortile porticato) al cui centro è posta una fontana, si trovano il larario, una costruzione dedicata al culto con l’altare dedicato ai Lari, spiriti protettori della famiglia e della casa, oltre agli ambienti destinati a deposito e dormitorio della servitù e un altra piccola area termale. A sud-ovest rispetto al peristilio, è posta una scala che riconduce a una galleria sotterranea, sviluppata al di sotto del cinquecentesco Canale Conte di Sarno, che ha la funzione di collegamento con un criptoportico affacciato sul mare, le cui strutture sono state rinvenute durante i più recenti scavi. 

 

Verso la metà del I secolo dC, tutto il complesso fu ampliato, a est, con la realizzazione di una enorme piscina, lungo la quale furono disposte stanze da pranzo, soggiorno, alloggi per gli ospiti e dei piccoli giardini d’inverno. Nella ricca vegetazione intorno alla piscina, vi era parte delle sculture che decoravano il lussuoso edificio. 

Tra le numerose ville vesuviane, la Villa di Poppea è l’unica ad offrire la possibilità, basandosi sugli scavi archeologici, di ricostruire la composizione dei giardini interni, luoghi di riposo e meditazione, di grande importanza nella vita aristocratica romana. Inoltre, alcuni studi paleobotanici hanno consentito di risalire alla vegetazione originaria presente: siepi di bosso, oleandri, limoni, platani, olivi, cipressi, edere rampicanti, rose, tutta vegetazione disposta a complemento della decorazione scultorea e architettonica. Un’iscrizione su anfora, che fa riferimento a uno schiavo o liberto di Poppea, fa pensare che la villa possa essere appartenuta al ricco patrimonio immobiliare che la famiglia della moglie di Nerone possedeva sulla costa campana. Al momento dell’eruzione, l’edificio era presumibilmente disabitato, in virtù dei lavori in corso.

 

31 gennaio 2025

L'Erarium, custode del tesoro della città

Durante la visita agli scavi archeologici della Neapolis Sotterrata, nel Complesso di San Lorenzo Maggiore, ci si incammina in una piccola strada, fulcro del commercio e dell’artigianato del tempo, dove fra diverse botteghe e piccoli negozietti ci si imbatte nell’aerarium, il luogo dove veniva custodito il tesoro pubblico della città di Napoli. Tale struttura sorse in epoca romana, in particolare sotto Nerone che volle modificare gli ambienti e adibirli ad edifici pubblici.

Anche il nome assegnatogli conferma le origini romane: la parola latina “aerarium”, deriva da “aes”, ovvero bronzo. Il suo significato viene tradotto come riserva di monete o, più nello specifico, come patrimonio dell’amministrazione.

Era proprio qui, infatti, che venivano custoditi gli averi e il denaro della città di Napoli, come i proventi delle imposte, dei tributi, delle indennità di guerra e delle prede, ma anche documenti di massima importanza, come contratti pubblici, registri censori, i testi delle leggi, i protocolli delle elezioni, i rendiconti finanziari e i giuramenti dei magistrati. Il materiale custodito nell’aerarium era quindi di primaria importanza per l’amministrazione cittadina, pertanto, per tutelare e garantire un maggiore livello di sicurezza, dinanzi ad esso fu posta una spessa grata di ferro, per sbarrare l'accesso a chi non fosse autorizzato ad avvicinarsi. È possibile, quindi, considerare l’aerarium anche come una sorta di luogo simbolo del potere amministrativo in città, essendo frequentato solamente da politici, aristocratici e persone di un certo rango, che prendevano tutte le principali decisioni senza spesso interpellare il resto della popolazione, che era così costretto a subire le volontà imposte dai piani alti.