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13 dicembre 2024

Santa Lucia, la Santa della luce

Il 13 dicembre si festeggia Santa Lucia, martire siciliana alla quale è legato il solstizio d’inverno. In effetti, prima del calendario gregoriano (1582), la festività ricadeva in prossimità del solstizio d'inverno, ma con l’adozione del nuovo calendario venne poi spostato di qualche giorno. Tuttavia, il solstizio d’inverno viene considerato un momento di passaggio verso la primavera e la luce, così come Santa Lucia è considerata la Santa della Luce, legata alla vittoria della luce sulle tenebre per il significato e l’origine del suo nome.

Santa Lucia è una martire cristiana morta in Sicilia nel tempo delle persecuzioni di Diocleziano: la Santa, promessa sposa ad un pagano, a seguito di un’apparizione divina, decise di affidare la sua anima a Dio e donare i suoi averi ai poveri. Tale decisione non fu ben voluta dal suo sposo, che la denunciò come cristiana, al tempo delle persecuzioni di Diocleziano. La leggenda narra che prima di morire si sia cavata gli occhi: da qui il suo potere di proteggere la vista, ricordato anche da Dante nella Divina Commedia.

La storia di Santa Lucia presenta molte affinità con la dea Demetra, dea dell’agricoltura e promotrice delle stagioni, invocata nell’antichità in Sicilia per riportare l’abbondanza dei raccolti con l’avvio dell’inverno. A riportare tale tradizione all’agricoltura è la leggenda secondo cui la notte del 13 dicembre la Santa vola sui campi con una corona di luce, al fine di riportare fertilità. Simbolo dell’abbondanza e della fertilità è, dunque, l’usanza dei doni ai bambini: Lucia li porta durante la notte, di casa in casa, accompagnata da un asinello. Tale tradizione è diffusa in molte città del nord Italia e all’estero.  

La storia, inoltre, narra che nella notte tra il 12 e il 13 dicembre, grazie a una candela accesa tutta la notte, la Santa ritorna a vedere: la candela rappresenta la vittoria della Luce sul Buio, e anche del Bene contro il Male. Inoltre, i doni che Santa Lucia porta ai bambini sono simbolo di fertilità, ma per tradizione i bambini devono meritarli: per questo una settimana prima scrivono una letterina per spiegare perché sono stati bravi, per poi accoglierla nella notte con uno spuntino di latte biscotti (e fieno per il suo asinello), ma è soprattutto importante andare a letto presto, per non farsi trovare con gli occhi aperti. 

Per assicurarsi la luce tutto l’anno, il giorno di Santa Lucia bisogna approfittare della benedizione degli occhi organizzate in molte chiese che ricordano la tradizione. Il rito di benedizione più longevo è svolto a Verona: un’usanza nata nel XIII secolo, quando la popolazione, colpita da un’epidemia di “male agli occhi”, portò i bambini in pellegrinaggio nella chiesa di Santa Agnese e affinchè i bambini potessero resistere al freddo, i genitori promisero loro che la santa avrebbe lasciato dei doni.

06 dicembre 2024

La tradizione del presepe napoletano

La Natività è una rappresentazione che i fedeli tradizionalmente portano avanti fin dai tempi più antichi: l’immagine perfetta della Madre, la Vergine Maria, che stringe il suo bambino, è un’immagine che si desidera contemplare. Sono molto antiche le origini del presepe. Siamo nel III Secolo quando nelle catacombe di Priscilla a Roma è possibile ammirare l’immagine iconografica di Maria con suo Figlio tra le braccia mentre il Profeta indica la stella, un momento in cui Antico e Nuovo Testamento si incontrano. Successivamente, l’ iconografia fu ridotta all’essenziale: Gesù, Maria, Giuseppe, insieme al bue e l’asinello, gli angeli, i pastori, i Magi.

 

Il presepe Napoletano nasce con San Gaetano, e la sua visione, che ebbe a Roma nella notte di Natale: celebrava la sua prima messa nella basilica di Santa Maria Maggiore, di fronte alla sacra Cuna, quando gli apparve la Vergine Maria, che guardandolo allungò le sue braccia verso di lui per porgergli il suo bambino. Una volta giunto a Napoli, questo evento lo portò a diffondere il presepe nelle chiese e nelle case. Il primo presepe da lui allestito fu nel 1533 presso l'oratorio di Santa Maria della Stalletta, nel 1533, e fu lui a voler gremire il presepe di personaggi che rappresentano umanità e umiltà, a voler realizzare paesaggi di cartapesta e cartone, pieni di persone, proprio come le strade della città di Napoli. 

 

Uno dei personaggi tradizionali e tra i più importanti del presepe napoletano è Benino. 

Il pastorello, addormentato, si trova distante dalla capanna, in un luogo appartato, ma guardando il presepe appare per primo, come all’inizio del percorso presepiale, quasi per ricreare una distanza spazio-temporale con la Nascita. Benino viene svegliato di soprassalto dal padre, e interrompe un bellissimo sogno che vorrebbe proseguire, perché ancora non sa che quel sogno è realtà ed è proprio lì, nel presepe, a pochi passi da lui.

 

29 novembre 2024

San Gregorio Armeno, la via dei presepi

È il cuore della città, tra via dei Tribunali e San Biagio dei Librai: nel periodo natalizio non può mancare una passeggiata a via San Gregorio Armeno, la via dei presepi. È una zona della città molto vivace e caratteristica, dove è possibile respirare la quintessenza della napoletanità, il punto dove la città di Napoli svela la sua creatività e la sua vera essenza.

 

Sulla strada spicca la Chiesa di San Gregorio Armeno, chiesa innalzata nel 930 sulle rovine del tempio di Cerere, intorno alla quale si affacciano tutte le caratteristiche botteghe artigianali che mostrano pastori, presepi, e statuette in ogni momento dell’anno. Qui la tradizione si mescola all’ironia, alla politica, agli eventi culturali e mediatici: all’ingresso delle botteghe, in bella vista, si noteranno non solo i tradizionali pastori o presepi, ma anche personaggi noti, da Pulcinella o Maradona, a quelle che hanno meritato un posto per fatti di attualità o gli idoli calcistici della città.

Visitare San Gregorio Armeno durante il periodo natalizio è davvero un’esperienza imperdibile, un’atmosfera davvero suggestiva grazie alle affascinanti illuminazioni e alla moltitudine di turisti che passeggia per il centro storico. Proprio passeggiando è possibile osservare come i tantissimi prodotti offerti rappresentino le mille anime di Napoli.

Un'area della città dalla importante tradizione artigianale, dall’imponente carattere sacro. Ne sono un esempio i rilevanti complessi religiosi e monumentali presenti in zona, come la Basilica di San Lorenzo Maggiore e il suo complesso monumentale, che vale la pena visitare in ogni periodo dell’anno.

 

22 novembre 2024

Stile gotico nella Sala Capitolare di Napoli Sotterrata

Lo stile gotico costituisce una corrente artistica nata in Francia nel XII secolo e diffusasi poi presto in tutto il resto dell’Europa occidentale. In Italia tale corrente viene accolta all’inizio con reticenza, poiché gli architetti italiani prediligevano la struttura forte e rigida dello stile romanico. Fu l’ordine cistercense benedettino, con la realizzazione degli edifici dalle linee sinuose, a diffondere le peculiarità di questa meravigliosa corrente architettonica. È così che il gotico trova il modo di introdursi in qualsiasi altra sfera artistica italiana: dall’oreficeria all’artigianato. 

 

Lo stile gotico nella Napoli Sotterrata 

Napoli è una città dove il gotico trova sempre grande collocazione. A testimonianza di ciò, la Sala Capitolare di Napoli Sotterrata rappresenta uno spettacolo inedito che giace a diversi metri di profondità dalla Basilica di San Lorenzo Maggiore. 

 

La Sala Capitolare 

Chi ama lo stile gotico e ne vuole approfondire la conoscenza troverà sicuramente interessante il percorso proposto da Napoli Sotterrata. L’insediamento, oltre a compiere un interessante viaggio nella Neapolis greco-romana, permette infatti anche di venire in contatto con la Napoli gotica. È la Sala Capitolare a dare lustro al gotico partenopeo. Dal chiostro è infatti possibile osservare un affascinante portale risalente al Trecento, che si fa esempio e testimonianza dell’architettura gotica italiana. Questa parte del sito monumentale viene impreziosita dalla presenza di due grandi colonne granitiche e da meravigliosi affreschi la cui paternità è ancora da stabilire. Di grande interesse sono anche i dipinti risalenti al 1600, che invece vengono attribuiti al talento del pittore Luigi Rodriguez. La Sala Capitolare è un vero spettacolo, un punto fondamentale nella storia artistica partenopea. Visitarla vuol dire approfondire la relazione tra la corrente gotica e la città di Napoli.

 

15 novembre 2024

Napoletani ed egiziani: i culti ereditati dall’antica civiltà

Non tutti sanno che la città di Neapolis strinse contatti con le più antiche civiltà della storia, perfino con quella egizia. Napoletani ed Egizi hanno in effetti, ad un occhio più attento, tantissimo in comune. Molte sono infatti le cose che la città della Magna Greca prende in prestito da quella sorta sulle sponde del Nilo. 

 

Due culture simili

La cultura partenopea e quella egizia condividono tra loro moltissime usanze e filosofie che,seppur molto diverse e lontane tra loro, trovano il modo di mettere in comunicazione due mondi radicalmente differenti.

Non tutti sanno che durante il I secolo a. C. approdarono a Napoli moltissimi mercanti egizi, i quali – oltre a spezie, stoffe e oro – portarono in città anche credenze e riti nuovi.

Si può per questo lecitamente ipotizzare che la grandissima civiltà della Valle di Nilo, sia arrivata ad influenzare anche quella partenopea. 

 

Le usanze ereditate dall’Egitto

Il contatto con l’aldilà è al centro della cultura egizia, tanto da condizionare la legge, la politica e la vita stessa. Anche Napoli ha lo stesso acceso interesse per la vita ultraterrena: il rapporto con i defunti è infatti sempre molto curato e ha dato vita ad alcune delle più interessanti leggende, novelle e componimenti della letteratura partenopea (ne è un esempio La livella di Totò).

Gli Egizi avevano anche loro cura dei loro defunti: le loro pratiche più significative ruotano attorno alla credenza che bisognasse preparare i morti al loro prossimo e ascetico passaggio.

La mummificazione è, ad esempio, una pratica che ha una lieve somiglianza con la scolatura dei corpi. Era infatti usanza antica del popolo napoletano lasciare il corpo esanime dei defunti su una particolare seduta, chiamata lo scolatoio: l’operazione aveva l’intento di lasciar scivolare via il liquame della putrefazione.

 

Gli egizi nell’iconografia napoletana

Molti sono anche i riferimenti che si possono trovare all’interno dell’iconografia napoletana. La Madonna raffigurata nelle chiese assume infatti spesso le stesse pose della Dea Iside, il più delle volte riprodotta con in braccio il piccolo Horus.

 

La Madonna nell’antico Egitto

Gli Egizi erano soliti venerare le stelle e per questo si è ipotizzato nel tempo che la Dea Iside fosse nata dall’ammirazione per la Costellazione della Vergine. Questa dea incarnava l'ideale perfetto di moglie e di madre ed entrava in rappresentanza del simbolo della purezza. Horus, il figlio, nasceva il 25 dicembre ed era detto 'Dio Sole'. Per questa ragione è lecito pensare che la Dea Iside abbia dato inizio alla venerazione della Vergine Immacolata.

 

08 novembre 2024

Quartieri spagnoli, il cuore pulsante di Napoli

Tra le zone più note della città di Napoli, i Quartieri Spagnoli meritano una menzione particolare. Un quartiere di storia e tradizione, con un passato ricco e complesso risalente alla dominazione spagnola. La zona è compresa tra Via Toledo e la sovrastante collina, ed è caratterizzata da un il reticolo di vicoli posti a scacchiera, colmi di vita e cultura.  

L’origine dei Quartieri Spagnoli risale al XVI secolo e devono il loro nome all’influenza spagnola che ha segnato profondamente quest’area della città. Durante il dominio spagnolo, Napoli rappresentò una delle capitali più influenti, e qui furono realizzati degli alloggiamenti destinati alle truppe provenienti dalla Spagna. 

La storia del quartiere

Giovanni Benincasa e Ferdinando Manlio furono gli architetti che, su richiesta del vicerè Pedro De Toledo, realizzarono la struttura urbanistica dei Quartieri Spagnoli, una struttura reticolata e ben organizzata, fatta di strade strette, quasi dei labirinti, adatte alla difesa in caso di rivolte o attacchi esterni, che sembrano veri e propri labirinti. Con il passare del tempo, soprattutto intorno al Settecento, quando la presenza dei soldati si ridimensionò, la zona fu destinata alle persone che si trasferivano dalla campagna alla città e alle botteghe artigiane. Ad oggi la struttura del quartiere rispecchia molto quella dell’epoca, ed è una meta imperdibile fra attrazioni della città.

Tra le numerose tappe del quartiere, il celebre Murales di Maradona, quello  dedicato a Eleonora Pimentel Fonseca, e i numerosi omaggi ad Antonio De Curtis in arte Totò sono un vero punto di riferimento per quanto riguarda la street art. Assolutamente da vedere il Palazzo Cattaneo-Barberini o il Palazzo della Stamperia, due delle più belle costruzioni antiche presenti nel quartiere. Nei Quartieri è possibile gustare i migliori piatti della tradizione partenopea, nelle eccellenti trattorie presenti nei peculiari bassi. Ai margini, il caratteristico Mercato della Pignasecca, e non lontano il Centro Storico, dove è possibile visitare il Complesso Monumentale di San Lorenzo Maggiore, in piazza San Gaetano.