Napoli è stata nel corso della storia una musa preziosa per musicisti, pittori e poeti. Tra questi ultimi compare Giovanni Boccaccio, che alla città deve anche il suo primo fatale incontro con Fiammetta.

Siamo nel 1327 e un giovane poeta – trascinato da un padresevero e ansioso di introdurlo nel mondo della finanza – approda a Napoli senza troppo entusiasmo. L’arrivo in città, però, segna per il giovane Boccaccio un momento di grande scoperta: tra i vicoletti stretti e disordinati del Regno, Giovanni scopre la sua più grande vocazione. La parentesi napoletana è per il poeta un periodo di grandi letture ma anche di ispirazione e sentimento: alla Corte dei D’Angiò, il giovane apprendedelle abitudini e delle usanze del posto, restando folgorato dall’energia dei suoi abitanti e lasciandosi ispirare dalla presenza del mare.

È in questo periodo di grande fioritura spirituale che avviene l’incontro con la napoletana Fiammetta, la donna che segnò per sempre la vita artistica dell’uomo.

A fare da scenografia a questa memorabile occasione, la meravigliosa chiesa di San Lorenzo Maggiore. I primi sguardi della nobildonna e il poeta fiorentino ebbero luogo, come raccontato dallo stesso, nel giorno del sabato santo. Come narrato nella Elegia di Madonna Fiammetta Iil sentimento tra i due fu immediato e nel corso del tempo ispirò all’autore tanti altri teneri componimenti: alla ragazza sono infatti destinati i versi del Filostrato e del Teseida, ma anche quelli del Filocolo e dell’Ameto dove le vengono cuciti addosso dei personaggi. Fiammetta diviene nella fantasia di Boccaccio anche una delle novellatrici del Decameron e ricomparein seguito nell’Amorosa visione.

Storici e studiosi individuano la figura della musa di Boccaccio in Maria, la bellissima figlia di Roberto D’Angiò. Il nome attribuitole è un riferimento all’ardore che ella suscita nel petto del poeta: lo stesso che Napoli ha acceso con le sue mille o più sfumature. Oggi possiamo infatti dire che Fiammetta rappresenta il punto in cui culminano tutti i sentimenti provati da Boccaccio durante la parentesi angioina. La nobildonna entra in rappresentanza dei sentimenti che il poeta prova per la città, divenendo emblema della sua vibrante energia e simbolo di quella soffusa tenerezza che, levandosi dal mare, giunge fino ai vicoli dei quartieri più impervi.

Boccaccio fu anche per questa ragione un testimone prezioso del suo tempo: alle sue incredibili doti di narratore oggi dobbiamo i più grandi racconti della Napoli Angioina.

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